Testo critico della mostra al Principio del vedere, a cura di Ilaria Bignotti e Matteo Galbiati, Palazzo del Podestà, Castell’Arquato (PC), dal 29 settembre al 4 novembre 2012.

I nuovi lirici

di Ilaria Bignotti e Matteo Galbiati

Se mezzo secolo fa gli artisti riuniti in gruppi accomunati da progetti e ideali condivisi erano numerosi e attivi sostenitori di una collaborazione e di uno scambio reciproci, stupisce che in tempi recenti, caratterizzati da egoismi individualisti, Roberto Casiraghi, Misia De Angelis, Alessandro Fieschi, Ayako Nakamiya, Pietro Pasquali, Rossella Rapetti, Tetsuro Shimizu, Valdi Spagnulo, insieme ad alcuni altri artisti, abbiano voluto e scelto di lavorare insieme, stretti dalla volontà di restituire all’opera quel messaggio poetico che pareva essersi perduto, tra il gridare delle troppe immagini d’oggi, veloci e vane, destinate a durare nello spazio di un istante famelico.
Elogio della lentezza: le opere dei nuovi lirici sembrano esser nate da un lavorio protrattosi nel tempo, frutto di una meditata ricerca pittorica tesa nello sforzo di dire l’anima e il sentire dell’artista al riguardante, così coinvolto in un dialogo intensamente poetico.
Osservando le opere esposte, le scelte del colore e della materia pittorica, dei diversi supporti sui quali l’immagine “accade”, restando sospesa, è evidente come, pur riuniti in un gruppo e accomunati da intenti condivisi, ciascun artista ha saputo mantenere la propria individuale ricerca, riuscendo tuttavia a dialogare con tutte le altre.
In alcuni lavori, il colore ora si addensa sul supporto, ora pare affondare e fondersi sulla superficie, verificando i propri limiti e la propria tensione e restituendo idee di immagini in costante ri-definizione; in altre opere, sono i segni pittorici a invadere il campo: persistenti e fuggevoli nello stesso tempo, si intrecciano l’uno nell’altro, tessendo trame vibranti che sembrano sul punto di fuoriuscire dai confini dell’opera, invadendo il luogo che le accoglie, così invaso da una ondata di bisbigli e sussurri; in altre opere ancora, l’artista pare abbia lasciato, della propria anima, tracce e impronte che emergono sulla tela, raccontando dimenticati sentimenti e sospese emozionalità.
L’armonia di questo percorso espositivo nasce dall’incontro e dallo scambio tra l’abilità pittorica e la sensibilità poetica di ciascun artista; il percorso dello sguardo dello spettatore principia in un segno e si perde in una macchia, insegue una traccia e sconfina oltre la superficie, perdendosi – per ritrovarsi – nell’astrazione lirica che in sé racchiude, distinguendole, le ricerche degli artisti qui esposti.