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Testo critico di Matteo Galbiati per il catalogo In forma lirica, dialoghi tra pittura e scultura di presentazione della mostra allo Spazio espositivo Biblioteca Civica “Franco Galato” Gorgonzola (MI), dal 21 novembre al 12 dicembre 2009.
In Forma Lirica
di Matteo Galbiati
Ogni mostra nasce da motivazioni e interessi particolari che si riscontrano frequentemente nelle proposte offerte dalla programmazione di musei, spazi espositivi e gallerie – ma anche luoghi particolari e non deputati propriamente all’arte – aperti ad ospitare esposizioni che fanno seguito ad anniversari, tematiche, ricorrenze, scelte critiche, ricerche, scoperte… A volte, però, quello che viene sottinteso all’accostamento di opere apparentemente diverse tra loro va oltre i limiti di una circostanza e individua la sua ragione in un significato più profondo.
Il dialogo – inteso come scambio e confronto – tra i lavori esposti in quest’occasione nasce, infatti, non da una contingenza temporanea e momentanea, ma da un più forte desiderio di conoscenza ed incontro, una volontà comune e condivisa da tutti gli artisti coinvolti, di capire e comprendere la propria poetica e di trovarne altre che siano in sintonia con la propria. Il loro percorso di reciprocità e il loro essersi ritrovati si desume da una consapevolezza, pur nella singolarità espressiva individuale, di possedere un tratto comune, un’intimità di visione che ritrova coincidenze e tangenze con quella degli altri artisti.
La scelta di esporre insieme e di vedere le opere esibite in concerto con quelle altrui nasce quindi dagli artisti stessi, che qui offrono lettura del loro lavoro non dopo una sommaria ricognizione e selezione di alcuni pezzi, ma dopo aver affrontato un percorso che li ha visti impegnati per oltre due anni: questa mostra è quindi frutto ultimo di un lungo e impegnativo lavoro che con una serie di quattro mostre a tre (sempre con due pittori e uno scultore), una grande collettiva e la produzione di un cofanetto di incisioni – traccia dell’esperienza comune – dimostra il rigore della ricerca intrapresa.
Come per i precedenti incontri, si cerca anche ora il senso vero di quella comune intonazione, sia nelle scelte pittoriche che in quelle scultoree, e la loro congruenza che verifica grazie ad una sostanza artistica – colore o materia – che rende la lirica di tutti i protagonisti un assonante accordo armonico. Se i percorsi e le esperienze sono maturati con storie diverse e magari anche lontane, lo sguardo di ognuno di loro si è mantenuto orientato nella stessa direzione: ciascuna opera, ogni intervento o lavoro cerca, nello svelarsi della propria comprensione, un’impalpabile fremito che parla di vita.
Appare indiscutibile, come primo dato di superficialità evidente, la comune scelta linguistica: l’espressione di tutti gli artisti si concentra su un’astrazione aniconica – letteralmente senza immagine – in cui sono fortemente limitate anche le formulazioni geometriche. Le forme si mostrano fluide, morbide ed armoniose nel loro universo coloristico e materico, in cui poco si ricollega al visibile dell’esperienza reale e molto si spinge ad indagare e lasciar emergere l’invisibile della sensazione. Le opere – con un procedimento strettamente congruente quello musicale – si lasciano ascoltare alla nostra vista e al nostro sguardo. L’armoniosa interazione di colore-segno per i pittori e di forma-materia per gli scultori restituisce la loro anima profonda – la sensibilità – che in quest’invisibilità apparente ricava la radice del sentire comune e si lascia appartenere a tutti. Percepire quell’alito di musicalità evanescente e leggera, mobile e vibrante – talune sculture si muovono nello spazio e molte opere pittoriche paiono mettere in luce lenti processi di cambiamento di stato – significa lasciar sopraggiungere una visione che dal microscopico passa al macroscopico degli eventi umani. L’espressione delle loro opere non si blocca su ciò che ci circonda nel visibile, ma cerca di descrivere e mostrare la mobilità germinante della vita e lascia affiorare una tensione fremente che si pone al limite di un istante di quiete che, presto o tardi, verrà franta. La visione non è un’apparenza inerte, diventa momento attivo d’esperienza valida per tutti: leggendo le poetiche di ciascuno di loro, l’universo dichiarato da questi mondi spalancati davanti agli occhi di chi guarda diventa sia una libera articolazione del giudizio e del sentire, sia un linguaggio che universalmente – come per la musica – parla a tutti indistintamente.
Gli artisti, aldilà del merito della loro opera, provano a tornare a fare gruppo per confrontarsi sui veri contenuti di una poetica, senza inseguire l’improponibile inquadramento in una corrente e, men che meno, il successo commerciale o l’arrivismo da protagonisti. Tutti loro hanno dimostrato che la forma lirica del loro agire può restituire ancora un moto d’animo libero e spontaneo, che viene proprio da questa convinzione di poter ancora individuare oggi una congruente voce comune. Voce che è capace di parlare con sguardi indirizzati ed orientati da un sentire condiviso e partecipato e di porsi come esempio, come segno importante. Oggi che, alla luce di momenti storicamente particolari, l’intera nostra contemporaneità, non solo quella artistica, vive troppo spesso frammentata in isolati localismi e individualità egocentriche.
Matteo Galbiati
Novembre 2009