Testo critico di Matteo Galbiati trascritto a mano sul libro d’artista, aprile 2021.

Cantica d'Incanto

Parola e immagine. Un binomio che nella Comedìa dantesca ha un senso profondo e imprescindibile. Dante nella sua opera, che è monumento della letteratura mondiale, usa la parola dipingendo i versi, rincorrendone la sfumatura musicale che, dal proprio senso più puntuale, sa aprire quell’ammirata e amata prospettiva – inevitabile da “sentire” – sulla sua “visione”. Leggendo i suoi versi, ordinati nell’esattezza metrica di endecasillabi incastonati in terzine, si coglie la bellezza della vulgata fiorentina che ha saputo raccontare un viaggio, un cammino, una riflessione esistenziale profonda sull’uomo, divenuta senza tempo e senza confini.
L’affinità, con la poesia, con la narrativa poetica dell’immagine, con il tentativo di far “parlare” lo sguardo e trascendere la mente e l’animo, è sempre stata la base fondante dei Nuovi Lirici, sodalizio di artisti che, nelle analogie “diverse” delle loro ricerche, hanno cercato e trovato lo spunto per un’intesa comune, indirizzata a “riscoprire” il valore poetico dell’arte, il suo ruolo produttivo per l’intelletto, la conoscenza e la coscienza dell’uomo. Le loro ricerche si affrontano e confrontano alla luce di un’estetica che recupera valori di una tradizione che sa essere presente e attuale nell’oggi. Scrivono brani di colore e materia, suggestioni che innalzano il verbo del visibile a un differente modo di confrontarsi con la trasfigurazione di idee e sensazioni che, per chi guarda, è un orizzonte libero in cui ri-trovarsi.
Senza perdere la validità di queste loro intenzioni, ciascuno di loro ha voluto riflettersi in una terzina dantesca dando allo scritto del Sommo Poeta un referente immaginativo e figurale non ovvio, non scontato, non banale. Nove immagini, tre per ogni cantica, che raccontano con una convinta e solida metafora, incapace di esulare dal loro abituale pensiero, il sentimento che il colore-calore dello scritto dantesco ha suscitato in loro e come si può rivolgere a noi specchiandosi nelle loro opere. Testo scritto e immagine dipinta si accompagnano, si intrecciano e uniscono, in un flusso temporale conciliante: il tempo di Dante e il nostro. L’arte di oggi come specchio delle origini antiche e la Comedìa come esperienza innestata nel presente.
L’astrazione del gruppo di artisti è espressione del valore di un’allegoria che, nel principio attrattivo, analitico della loro pittura, coglie il cuore e l’anima di un’interpretazione aperta, ecumenica nel corrispondersi in purezza all’altro.
Il loro racconto è un racconto inevitabilmente ancor più emotivo quando si accosta alla prosa dantesca. Divampa potente e trova, nel colore e nella materia, il mistero di un viaggio verso l’ignoto. Con la stessa energica determinazione che ha mosso la scrittura di Dante, si sono impegnati per raccontare, ancora, sempre la bellezza di quello che parola e immagine possono, reciprocamente, darci e lasciarci.
Matteo Galbiati